Martedì, 16 Agosto 2011 13:09

“**** me, I’m famous”. Cartoline da Ibiza. Da meditare

Scritto da  Gerardo

“**** me, I’m famous”, suggerisce un enorme cartellone pubblicitario all’uscita dell’aeroporto di Ibiza. “Scopami, sono famoso/a”: è il tema della serata del giovedì al Pacha, la discoteca più “in” dell’isola, un tema così alla moda da queste parti che ha dato vita a una compilation di canzoni (a cura dei due famosi dj del Pacha), a una catena di negozi d’abbigliamento locali (Fuck me, I’m famous), a portachiavi, distintivi, poster (sempre con la stessa frase stampata sopra). (continua...)


Non è tuttavia l’unica sollecitazione che accoglie il visitatore. Ognuna delle principali discoteche di Ibiza (Space e Ushuaia, per citarne un altro paio) ha tappezzato le strade con cartelloni pubblicitari. Uno promette “spuma erotica” per tutti, illustrando in cosa consista con un’immagine di sederi di ragazze su cui viene sparso un liquido con abbondanti bollicine (champagne? coca-cola?). Un altro annuncia uno show “dal vivo” di Rocco Siffredi, l’Italian Stallion come è internazionalmente chiamato nel giro del porno, accompagnato da due signorine (una chiaramente non lo riempe). Un terzo presenta un dj, o un cantante, o una porno-star, o una combinazione delle tre professioni (non ho ben capito), dal nome inequivocabile di “La Troya”…

Lungo Playa d’en Bossa, la spiaggia in prossimità del capoluogo Ivissa che ospita la maggior parte delle disco e degli alberghi o appartamenti in affitto in cui risiedono i frequentatori delle medesime, ogni 15 minuti scende dal cielo un aereo carico di duecento o più turisti. Vengono tutti o quasi per lo stesso motivo: le discoteche, la movida, sesso droga rockandroll, possibilmente – se rimane qualche forza da mettere nel sesso dopo la droga e il rock (o meglio la house music, il pu-pum pu-pum sparato in continuazione dalle casse acustiche di disco, disco-pub, disco-bar e disco-stabilimenti balneari o pseudo tali). E’ anche il motivo, ammettiamolo, per cui siamo qui noi, e non uso il plurale maiestatis: alludo a mio figlio, ai suoi tre amici e al loro accompagnatore/custode (cioè io). Custode si fa per dire: sono tutti e quattro più grandi e più grossi di me di centimetri e chilogrammi. Hanno infatti promesso – se qualcuno dovesse infastidirmi – di intervenire prontamente e proteggermi. Solo a queste condizioni li accompagno e li custodisco, anche a nome dei genitori degli altri tre.

Una volta il più grande divertimentificio d’Europa era Rimini, o in senso più ampio la Romagna. Ma da un pezzo non ci sono dubbi: è Ibiza. Lo conferma, ove ci fossero dubbi, il ritmo degli aerei carichi di gente che si vuole divertire a tutti i costi che calano sull’isola: ogni 15 minuti, dicevo, ma a tratti sembra che l’intervallo sia anche più breve, ogni 5 minuti, forse ogni 3, insomma dal cielo scende un aereo dietro l’altro, che si abbassa fino a sfiorare il tetto degli alberghi con un frastuono assordante. Vista da Bora-Bora (la disco-pub sulla spiaggia di qui, beninteso, non l’isola del Pacifico), magari dopo qualche vodka e red bull, per tacere di altre sostanze, l’invasione aerea sembra parte dello show, un’allucinazione, il rombo dei jet mescolato a quello del pu-pum pu-pum della house music, un trucco del dj di turno. Vista da un balcone affacciato al mare, sembra un’invasione vera e propria, un’operazione militare, uno sbarco: forse – a nostra insaputa - il resto del pianeta o perlomeno d’Europa ha dichiarato guerra a Ibiza e questo a cui assistiamo è dunque l’inizio dell’attacco, italiani francesi inglesi tedeschi russi scandinavi oltre a spagnoli continentali, tutti coalizzati insieme per conquistare Ibiza, o meglio le sue discoteche. Arrivano aerei anche alle 5 del mattino: poichè a quell’ora il ricevimento degli alberghi è chiuso, è probabile che i passeggeri vengano paracadutati direttamente sulle discoteche, che restano aperte fino alle 6 o alle 7 del mattino.

E’ istruttivo passare un paio d’ore all’aeroporto. I commandos sbarcati dagli aerei, sorry, volevo dire i turisti, hanno alcune caratteristiche in comune. Sono per lo più giovani, o giovanissimi: la fascia 18 anni-25 anni, così a occhio, appare predominante. Sono in maggioranza già vestiti per la spiaggia, o per la discoteca, tanto l’abbigliamento è lo stesso: calzoncini corti e canottiera i maschi, shorts che lasciano in evidenza una generosa fetta di natiche e top che lasciano in evidenza quasi tutto quello che c’è sotto le femmine, queste ultime con stivali scamosciati fino al polpaccio o al ginocchio, of course. E’ un’internazionale della gioventù, quella che invade quotidianamente Ibiza. Ma anche un’internazionale dei tamarri: maschi e femmine sembrano pronti per la selezione dei concorrenti al Grande Fratello. Quando si ritrovano a bordo piscina nel loro albergo tre stelle, verso le due del pomeriggio, dopo una notte di alcol, droga, house music (e sex per quelli che hanno conservato un po’ di energia anche per quello), i membri della “tamarri di tutto il mondo unitevi”, italiani tedeschi russi inglesi e via dicendo, competono allegramente nelle categorie in cui brillano di più: il tatuaggio più stravagante, l’urlo più selvaggio, il rutto più artistico, il muscolo più stereoidizzato, la tetta più siliconata. Vinca il peggiore, verrebbe voglia di dire.

Poco più tardi, verso le 3 del pomeriggio, da un moletto all’estremità nord di Playa d’en Bossa partono i boat-parties, ossia le feste in barca, dirette alla vicina isola di Formentera: musica a tutto volume all’andata e al ritorno, tutto l’alcol che uno vuole, la possibilità di fare il bagno a Formentera in prossimità di uno yacht da miliardari con elicottero a poppa, e poi di tornare a Ibiza ubriachi fradici per le 11 di sera, se va tutto bene, per la modica somma di 65 euro a testa (ti regalano anche un tramezzino – qui detto boccadillo).

So da fonti fidate (un amico e collega di Repubblica) che Ibiza è o perlomeno può essere anche molte altre cose, per gente assai diversa da quella testè descritta: può essere un’isola bella come una mini-Sardegna o mini-Corsica, con spiaggette e baie solitarie, più interno di colline verdi e rustiche fattorie, dove uno trascorre le vacanze senza vedere una sola discoteca, nemmeno col canocchiale. Però il blog odierno non è un trattato su Ibiza, e nemmeno una lettera da Ibiza – è solo una cartolina. Scritta, prudentemente, dopo avere riportato in patria sani e salvi i quattro adolescenti grandi e grossi che mi hanno protetto durante il soggiorno sull’isola.

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